Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 1,9-11a.12-13.17-19)

Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese». Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».

I cristiani sono malvisti al tempo degli imperatori romani: sono tempi difficili. A Roma regna Domiziano, il quale pretende onore e gloria come a un dio. Molti cristiani rifiutano e vanno incontro a maltrattamenti e soprusi.

Chi scrive si identifica con Giovanni che ci presenta l’apertura di questo libro – detto Apocalisse, cioè Rivelazione – mentre si trova nell’isola di Patmos, isola del Mar Egeo. L’autore è stato deportato lì a causa della sua fede in Cristo e per aver rifiutato il culto all’imperatore. Ancora oggi in diverse regioni del mondo i cristiani subiscono rapimenti, persecuzioni e uccisioni a causa della fede in Cristo.

Giovanni viene chiamato in visione a essere testimone degli eventi salvifici operati da Gesù e comunicarli alle comunità presenti e attive nel territorio medio-orientale per incoraggiarle nella fedeltà.

La presenza vivificante del Risorto si trova al cuore della comunità nel giorno del Signore, la domenica, divenuta memoriale della risurrezione lungo la storia.

Giovanni rapito in estasi parla della visione di un «figlio d’uomo»: è il Signore risorto al centro dell’adorazione della Chiesa.

La lunga veste indica che Gesù è il vero e l’unico sacerdote. Lui solo è Colui che guida con la sua Parola; è Lui il sacerdote che dona la propria vita come sacrificio a Dio gradito.

La fascia d’oro ai fianchi è il simbolo della regalità: Lui è l’unico Re.

I 7 candelabri indicano l’insieme delle comunità cristiane. Il numero sette è, infatti, simbolo di totalità.

La visione di un «figlio d’uomo», come detto, Cristo risorto, ci pone qualche domanda, in quanto persone battezzate alla sequela di Gesù:

  • Riconosco Gesù come vero Signore della mia vita?
  • Conosco e considero la sua Parola come luce e guida nelle mie scelte quotidiane?
  • Qual è il livello della mia fede?

Se la fede è un dono è anche un compito che plasma le nostre azioni quotidiane per servire il Signore con gioia e dedizione. Per noi, discepoli di San Benedetto, la fede è una forza interiore che ci richiama a guardare e ricercare il volto di Dio nella vita comunitaria.