Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek». (Eb 5,1-6)
Questo brano segue quello della domenica precedente e riprende il discorso su Cristo, grande e sommo sacerdote.
I sommi sacerdoti secondo la legge mosaica offrivano sacrifici per i propri peccati e per il popolo. L’autore, a noi sconosciuto, spiega agli ebrei convertiti al cristianesimo che il sacerdozio di Cristo è superiore a quello della religione ebraica, che ha avuto la sua importanza in quanto prefigurava e preparava l’avvento del Vero sommo sacerdote, Cristo Signore. Sappiamo dalle scritture divine quanto il Figlio di Dio e figlio dell’Uomo abbia subito nella sua passione per mantenere la fedeltà al Padre e portare avanti in obbedienza la salvezza di tutta l’umanità. «Uomo dei dolori che ben conosce il patire, […] egli si è caricato delle nostre sofferenze […]. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53, 3-5). «Ha offerto se stesso perché lo ha voluto» per questo è diventato il compassionevole e il misericordioso per eccellenza.
L’autore esorta anche noi oggi, cristiani del terzo millennio, ci esorta alla fedeltà e alla fiducia in Cristo, prototipo del sacerdote.
Gesù riunisce nella sua persona la nostra debolezza insieme alla potenza rinnovatrice del Padre, che ama il Figlio (Gv 3, 34-35) e continuamente gli dichiara «Mio figlio sei Tu, oggi ti ho generato», ed anche «Tu sei sacerdote per sempre» (salmo 109).
La dichiarazione di amore del Padre al Figlio riguarda anche noi. Anche noi siamo amati dal Signore. L’indifferenza e il rifiuto ci uccidono, le parole d’amore che riceviamo ci fanno sempre rinascere, vivere.
Noi che nutriamo e coltiviamo il dono della fede siamo oggetto di amore e abbondante grazia: Dio ci chiama a partecipare al suo sacerdozio. Leggo le parole della Lumen gentium: Dio «concede anche di aver parte al suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, in vista della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. […] Tutte le loro attività, […], se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2,5)» (n. 34). I numeri seguenti trattano proprio della partecipazione dei fedeli laici al sacerdozio comune nella Chiesa.
Domande per la riflessione:
- Preghiamo per i sacerdoti?
- Come cristiani siamo coscienti di essere associati al sacerdozio tramite lo Spirito di Dio?
- Abbiamo l’abitudine di offrire ogni mattina la nostra giornata unendola al Corpo e Sangue di Cristo sull’altare?
Fratelli e sorelle santifichiamo il nostro tempo!
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