Il nostro favore va a chi e a ciò che è ricco. La preferenza di Dio va a chi è mancante, perché il povero è ricco di fede, cioè di fiducia.
Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? (Gc 2,1-5)
In questa lettera incontriamo la logica evangelica di Giacomo verso i poveri. Ci mette davanti agli occhi la differenza del nostro sguardo e quello del Signore: Dio preferisce i poveri.
Il nostro favore va a chi e a ciò che è ricco. La preferenza di Dio va a chi è mancante, perché il povero è ricco di fede, cioè di fiducia. Le povertà di cui leggiamo nella Scrittura vanno intese non solo e non tanto in senso fisico, ma anche psicologico, spirituale, sociale, culturale, ecc.
I ricchi e i potenti godono privilegi e posti d’onore. Noi tutti cristiani non possiamo seguire queste logiche che sono del mondo, non dobbiamo fare distinzioni di persone in base alla loro ricchezza e al loro potere. Giacomo ci ricorda dove è fondata la nostra fede: è nel Signore della gloria. L’unica gloria è dunque a Dio non agli uomini, per quanto importanti siano. Per farsi ben comprendere ci presenta un esempio concreto già ascoltato.
Giacomo esorta coloro che ascoltano, e oggi siamo noi, a trattare il ricco e il povero allo stesso modo. La comunità che fa discriminazioni adotta lo spirito del mondo. È una tentazione molto forte quella di privilegiare il ricco nella speranza di riceverne qualche favore. Il povero, l’oppresso, il debole è sempre al centro dell’attenzione di Dio. Per poveri la Bibbia intende tutti coloro che nella vita sono meno favoriti, coloro che soffrono di essere scartati.
È a questi che la comunità cristiana deve prestare maggiore attenzione mostrando che i criteri di giudizio sono opposti a quelli del mondo.
Dio ha scelto di incarnarsi nella povertà, sperimentando la povertà assoluta sulla croce. Impariamo a contemplarla pregando di darci occhi in grado di riconoscere il povero, un cuore capace di amore con gratuità. San Benedetto è molto chiaro a questo riguardo: «Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto” e a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini» (RB, cap.53, versi 1 2).
Prendiamoci questo impegno: rileggiamo il Vangelo secondo Matteo capitolo 23,34-40.
Il giudizio finale non è scritto da Dio alla fine. Lo scriviamo noi, ora al presente, con ciò che facciamo noi verso l’ultimo.
Meditiamo:
- Qual è il mio atteggiamento verso i poveri?
- È sufficiente essere povero per essere ricco nella fede?
- Come coltivo la mia relazione con Dio? Forse ricorro a Dio soltanto nel bisogno?
- Ho l’abitudine di ringraziare Dio per tutto?
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