Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 3,17-4,1)
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi! La Chiesa in questa seconda domenica ci invita a contemplare Gesù trasfigurato sul monte, la seconda lettura ci parla della trasfigurazione che attende anche noi quando Gesù verrà nella sua gloria.
A prima vista Paolo appare presuntuoso: «Fatevi insieme miei imitatori» (v. 17). Il cuore di Paolo è simile a quello di Geremia, che diceva: «Nel mio cuore c’era un fuoco ardente che non potevo contenere» (Ger 20,9). Paolo chiede ai Filippesi di imitare il suo esempio e di quelli che hanno predicato il Vangelo con lui. Egli si addolora e parla di lacrime perché vede il grande danno fatto da quei predicatori che riportano i credenti a pratiche religiose che non danno salvezza. Le parole di Paolo verso «i nemici della croce di Cristo», identificati così nella lettera, si vantano per le osservanze esteriori che appagano la loro carne, in fondo si tratta di questioni pratiche della terra, carnali.
I cristiani vivono, certo, con i piedi per terra, ma camminano come pellegrini, con il cuore traghettato verso il Regno definitivo; il cristiano si apre con fede alla grazia divina. La speranza e la gioia cristiana sono fisse in lui.
C’è un’attesa della pienezza della salvezza che Gesù ci ha portato. È il già e non ancora!
Paolo chiama i Filippesi «fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona», in questa comunità aveva trovato una fede viva, attiva e molto affetto. Per lui constatare la perdita della fede in alcuni di questa comunità così fervente è stato un dolore accompagnato da lacrime.
Perciò ricorda loro di rimanere aldi negli insegnamenti ricevuti e nella fede.
Una sola è la via da seguire, quella indicata da Cristo Signore: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6)! Una sola è la luce: «chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
Seguiamo Cristo Signore fattosi via, verità e vita nell’attesa di essere uniti definitivamente nella sua gloria.
Signore della vita
Che sempre ci accompagni
Donaci un cuore docile
Alla tua parola
Perché possiamo seguirti sulla via della croce
ed essere trasfigurati
a immagine del tuo corpo glorioso.
Amen
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