Ci accingiamo a celebrare l’anno giubilare 2025 che Papa Bergoglio si augura sia vissuto «con fede intensa, speranza viva e carità operosa».
Noi Pellegrini di speranza così ci chiama il Santo Padre cerchiamo di rendere possibile questa speranza questa sarà «se saremo capaci di recuperare il senso di fraternità universale, se non chiuderemo gli occhi davanti al dramma della povertà dilagante che impedisce a milioni di uomini, donne, giovani e bambini di vivere in maniera degna di esseri umani». Il Santo Padre dicendoci con San Paolo «Spes non confundit», «la speranza non delude». Ci ricorda la forza e la profondità della speranza cristiana che parte dall’evento di Cristo, il quale è morto e risorto permettendoci di guardare avanti verso l’éschaton.
L’invito del santo padre ad essere pellegrini di speranza è per tutti, ma in modo particolare per quanti sono abitati da scetticismo e pessimismo, un’occasione di rianimare la speranza sorretti dal Dio Amore.
Per comprendere la speranza possiamo rifarci alle nostre esperienze personali, in quelle in cui noi cerchiamo e poi troviamo, nuovi cominciamenti. Sempre quando nella nostra vita ci avviciniamo all’origine, facciamo esperienza di nuovi inizi. Dio ci chiama sempre alla vita, la sua vicinanza è per tutti e dovunque sempre fonte di vita e di
speranza.
Pensiamo alla fanciullezza e alla giovinezza, inizi temporali della vita che evocano un futuro aperto e gravido di infinite possibilità e che allude ad una speranza di una vita da vivere in pienezza.
Pensiamo ancora alla seconda parte della vita, quella adulta che trae il coraggio di vivere, dalla speranza che ci consente di rialzarci e di riprendere il cammino dopo i fallimenti, le delusioni e le sconfitte.
La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce, recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo.
Noi Pellegrini di pazienza, in un contesto sociale dove la fretta è diventata una costante, dove lo spazio e il tempo sono soppiantati dal “qui ed ora”, non è facile dobbiamo riscoprire la pazienza come la capacità di attendere con fiducia come Dio Padre ogni giorno attende noi .
Il giubileo si pone tra questi due poli “speranza e pazienza” questa dinamica fa si che la nostra vita diventi un pellegrinaggio un cammino per ricercare, o ritrovare o ritornare al senso della vita alla luce della fede.
Papa Francesco ritorna spesso al tema della speranza, oggi poco amata dal nostro linguaggio corrente, insiste nel ricordarci che la speranza non resterà delusa perché il Signore Dio ascolta, interviene, protegge, difende, riscatta, salva, non dimentica il grido dei poveri la cui speranza sfida le varie condizioni di morte.
Dobbiamo credere che Dio vuole darci tutte le grazie necessarie per salvarci. Pertanto, chi non credesse che Dio si prende cura della nostra salvezza mediante le vie che la sua Provvidenza conosce adatte per noi, l’offende. Fiducia e speranza sono quasi la medesima cosa. Aver fiducia nella Provvidenza, vuol dire sperare che Dio si prenda cura di coloro che lo servono, come uno sposo ha cura della sposa e un padre del figlio. Allo stesso modo Dio ha cura di noi, anzi molto più».
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