Chi cammina «sotto la guida del Vangelo» (Regola. Prologo, verso 21) siamo tutti noi che viviamo di fede, impariamo da Gesù la pazienza, la mitezza, la misericordia, il perdono dato con amore. Sappiamo di avere qualità e limiti, doti e meschinità; come Gesù ci insegna, cerchiamo in ogni modo l’unità, la riconciliazione, la pace.

Dalla lettera di San Paolo apostolo agli Efesini (Ef 4,1-6)


Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.


Paolo è in catene per Gesù. Paolo, uomo forte e sensibile, mite e spinto da un amore profondo per Cristo. La prigionia manifesta ancor di più le sue virtù e la Sua Santità per conformarsi a Cristo nel mite, patire. Il brano è un’esortazione all’unità della Chiesa di Efeso.
La vera catena che lega Paolo è la catena dell’amore. Anche noi dobbiamo vivere incatenati al Signore, con il legame dell’amore. Avviciniamo il nostro Patriarca a Paolo, due giganti nell’amore, anche noi, nel parlare e nell’agire, dobbiamo partire dalla comunione con Cristo.
Siamo esortati da Paolo a vivere la bellezza della nostra chiamata come battezzati, con la particolare vita monastica, appunto, chiamati per grazia, chiamati gratuitamente. Entriamo per vivere dentro la chiamata capaci di fare innamorare altri alla chiamata di Dio per rinnovare il mondo in cui viviamo: siamo chiesa e questo cammino deve avvenire non soli, ma insieme alla chiesa, nella Chiesa universale e all’interno di una comunità e di una famiglia. La nuova vita in Cristo ricevuta deve esprimersi con alcune caratteristiche alla base delle quali deve esserci l’umiltà, virtù tanto dimenticata e oggi intesa come un valore negativo. Per comprendere l’umiltà dobbiamo contemplare la passione di Cristo.
Chi cammina «sotto la guida del Vangelo» (Regola. Prologo, verso 21) siamo tutti noi che viviamo di fede, impariamo da Gesù la pazienza, la mitezza, la misericordia, il perdono dato con amore. Sappiamo di avere qualità e limiti, doti e meschinità; come Gesù ci insegna, cerchiamo in ogni modo l’unità, la riconciliazione, la pace.
Professiamo la stessa fede, la stessa speranza, crediamo ad un solo Signore e Dio, padre di tutti.
L’unità di una comunità cristiana non è frutto di simpatie e interessi egoistici; anche se di diversa cultura, carattere, mentalità, deve regnare l’amore: è lo Spirito del Signore in mezzo alla diversità. È un percorso in salita che ci porta tutti insieme verso il Regno di Dio «sotto la guida del Vangelo» e la conoscenza di Cristo morto e risorto per ricreare l’unità e la pace che regnavano all’origine della creazione.

Domande per la riflessione:
1) Nelle parole, nei gesti, nelle azioni cerco l’unità chiesta da Gesù al Padre?
2) L’orgoglio è in agguato alle porte del nostro cuore: lo spezzo per imparare l’umiltà di Dio?
3) Mi confronto con il Vangelo nelle scelte quotidiane oppure con il «mi piace e non mi piace»?
4) Preghiamo perché Dio ci renda umili come a Lui piace?