Paolo comprende e sa, grazie alla sua fede, che le avversità di cui era oggetto avevano un fine più grande: c’è potere nella nostra debolezza, c’è vita nella nostra morte, c’è grazia e certezza nell’incertezza. Dobbiamo chiedere l’aumento della nostra fede!
«Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli» (2Cor 4,13-5,1).
La bellezza della fede
Questa lettera è scritta da Paolo in un momento in cui i rapporti fra Paolo e i Corinzi erano piuttosto tesi. All’interno della comunità circolavano tensioni, discordie e mormorazioni contro la predicazione di Paolo. La lettera scritta ai cristiani di Corinto dà testimonianza quanto la fede dei martiri si incarni in Paolo che ormai sentiva venir meno le sue forze.
Paolo ci offre parole commoventi sulla sua situazione interiore. Dichiara di non scoraggiarsi nonostante il suo indebolimento fisico. A questo stato fragile del suo corpo non corrisponde di certo un infiacchimento interiore, anzi scrive che l’uomo nuovo, che è diventato, cresce e si rinnova ogni giorno, sempre. Paolo con la sua fede guarda e fissa il suo sguardo oltre la cortina delle cose visibili per contemplare le invisibili ed eterne.
Tuttavia, Paolo non disprezza la realtà di questo mondo, non esorta al disimpegno e al disinteresse della vita, ma ci invita a darne il giusto valore. I beni materiali sono doni di Dio da condividere, non possiamo trasformarli in idoli e non ci fanno guadagnare la vita eterna. I beni di questa terra non costituiscono il fine ultimo dell’esistenza.
Paolo comprende e sa, grazie alla sua fede, che le avversità di cui era oggetto avevano un fine più grande: c’è potere nella nostra debolezza, c’è vita nella nostra morte, c’è grazia e certezza nell’incertezza. Dobbiamo chiedere l’aumento della nostra fede!
Paolo scrive in altra sede che siamo «vasi di creta» (2Cor 4,7) ma Dio vi ha posto un tesoro. Questo tesoro è il Vangelo e la conoscenza di Gesù: con la sua vita, morte e resurrezione ci ha meritato il perdono dei peccati e una nuova ed abbondante vita. La potenza di Dio opera in modo da essere Lui glorificato e non noi, (la nostra fragile persona), in quanto appunto siamo «vasi di Creta».
Infatti, questo vaso è il nostro corpo che verrà disfatto, ma ne riceviamo uno nei cieli non costruito «da mani d’uomo» (2Cor 5,1).
Signore Gesù noi guardiamo
con stupore e ammirazione
i martiri di ieri e di oggi.
Anche loro erano vasi di creta
la fede li ha resi coraggiosi e
forti amici di Dio.
Per loro intercessione rendi
salda e ferma la nostra fede.
Le fatiche e gli affanni quotidiani
non spengano quel trasporto d’amore
che ci fa come gli angeli
che ti contemplano e
sempre ti desiderano. Amen
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